Sembra esserci una certa relazione tra la capacità di respirare, rilassare la muscolatura e liberare l’associazione di immagini e parole. Avere un taccuino mentre se ne fa esperienza in un parco e poi elaborare in studio, concede di vedere il proprio corpo e quello di un albero come un’unica entità. Per le due artiste presenti in mostra la relazione con questo elemento della loro ricerca artistica chiede di tradurre l’esperienza in processo che determina un lavoro da fare su nomi e abbinamenti di nomi. Corpo, albero, ellisse, ghirlanda, tempio – oggi diventate le parole del titolo -, sono resti di una poesia: elenco di nomi-contenitori, utili a rendere visibile il carattere irriducibilmente rizomatico, carsico, non lineare, di questo percorso. Ogni singolo nome è frammento. Si collega a ciò che c’è prima come al nome che lo segue, esattamente come l’identità femminile si è costruita nel tempo, “stratificando” eredità e arricchendosi di tutte le esperienze di vita disponibili. Un gioco da bambini allo scopo di tracciare i contorni di ciò che ha carattere intimo e privato. Corredo di confidenze che si condivide tra amiche. Elisa Braconi e Sandra Stocchi si incontrano, si frequentano e lavorano in tandem, come due fuochi di ellisse intorno ai temi fondamentali della loro ricerca e si accorgono di aver bisogno di raccontare ancora una volta il proprio corpo fisico e oggettuale; l’elemento naturale nella sua versione più simbolica come l’albero e il rapporto di queste due componenti con la dimensione spirituale e rituale del tempio.
La modalità di creazione e di condivisione di questioni intellettuali sottili eppure molto concrete e le analisi sulle strutture, sulle motivazioni e sulle inevitabili ricadute politiche caratterizzano l’intero percorso. Nel corso di qualche mese molto è stato tradotto in parola, valutato, selezionato, visionato… Ci siamo rese conto in questo modo che il corpo veniva concepito da entrambe (o meglio: dal trio, me compresa, in quanto altra componente di questo incontro intellettuale), come un potente strumento di apertura verso il mondo. Il corpo albero è – dicevamo – un continuo attraversamento delle esperienze. Il corpo-tempio è possibilità di verifica e ascolto delle sensazioni provate o da provare. Informazioni e considerazioni che senz’altro non abbiamo ritenuto inferiori a quelle prodotte ed elaborate della mente. Non era possibile non rendersi conto che la mostra non preparava opere ma parole. Che ciò che era da mostrare era l’esperienza. La mia stessa identità di critica, poteva essere ritenuta utile ed efficace solo se esercitata al termine di un’esperienza vissuta in apertura e in collaborazione. Ho finito coll’entrare nel processo creativo, suggerire ipotesi, scegliere, accompagnare, avallare le proposte e le personalità fino a sperimentare in prima persona e dunque a mettermi in gioco io stessa. Conservo un diario e una fitta corrispondenza digitale nelle quali mi vedo fare riferimento a discipline differenti per cercare di essere dentro la complessità del progetto oltre che più vicina alla visione critica dell’opera. Discipline che, in linea con quelle sperimentate dalle due artiste, mi avvicinano, impongono e in qualche caso pretendono una maggiore relazione col mio corpo, con la mia personale figura geometrica e con il mio pensiero. Questa mostra è dunque segno di questo continuo scambio tra tutte le componenti che l’hanno resa possibile e traccia di questo porsi in ascolto, di studiare i modelli e proporre chiavi di lettura; è tappa di un incontro che è stato. Dando corso a questa presentazione mi sento di affermare che peraltro leggendo il Novecento, non è infrequente trovare situazioni di analogo corso. Non siamo nuove ad esperienze di questo tipo dal punto di vista concettuale: già l’emergere della crisi che la filosofia postmoderna mette in luce, contribuisce a rendere la critica d’arte sempre più coscientemente disponibile alle possibilità inedite suggerite dall’adozione di strumenti di indagine presi a prestito da discipline differenti. Carla Lonzi non a caso, si impone prepotente nei nostri pensieri! Quello da noi utilizzato è stato l’approfondirsi delle confidenze e la qualità delle narrazioni espresse tramite il racconto e lo scambio di mail. In esse ho condotto un’analisi della loro personale produzione artistica e del loro rapporto col presente. Ne abbiamo parlato nel dettaglio rendendo conto di frasi e di elementi valoriali. Ho sussurrato contesti su cui agisce e da cui viene coprodotta un’opera. Mi hanno svelato o semplicemente tenuto informata in tempo reale di ciò che accadeva nei loro studi e insieme abbiamo problematizzato costantemente il discorso critico fino ad arrivare a questa presentazione che mantiene inalterati i tratti distintivi di quelle lettere. Gli spostamenti critici, dal corpo alle politiche del corpo attraverso lo strumento della psicoanalisi, l’espressione artistica intesa come strumento identitario che concentra l’attenzione … e infine la semplice abitudine di frequentare fisicamente alcuni alberi, ha fatto il resto.